Credevo che non sarei mai arrivata a scriverlo, ma purtroppo è così.
La leggenda dei “terrible two” è vera, non è solo un’invenzione raccontata per terrorizzare i genitori, e noi ci siamo finiti dentro in pieno, con tutte le scarpe.
Tralasciando la parte capricci e scenate varie in mezzo ai luoghi affollati, di quelle che la gente ti fissa con lo sguardo di chi ti sta giudicando nel peggiore dei modi, la cosa che più mi sta sfinendo è la prepotenza di Niccolò a tavola.
Lui, che ha sempre mangiato tutto e che sprizzava di gioia davanti ad una carota bollita più che davanti ad una tavoletta di cioccolato, ha decretato la fine della serenità a tavola.
Al nido continua beato a mangiare tutto, ad eccezione di piccolezze come l’insalata o i pomodori crudi, e altrettanto fa al ristorante o a casa dei nonni.
Il dramma, dunque, è circoscritto alla sfera domestica.
Dite un piatto, uno qualsiasi, dai pizzoccheri ai bastoncini di pesce, tanto non fa differenza.
Niccolò non mangia quasi più nulla.
Sono proporzionalmente triple le volte in cui rifiuta totalmente il cibo che gli viene proposto rispetto a quelle in cui consuma senza lamenti il contenuto del piatto.
È una fase, mi dico, e so che è così perché ha sempre mangiato tutto ed ha sempre accettato tutti i sapori.
Certamente le ultime mie vicissitudini, unite ai suoi continui malanni, non hanno fatto altro che innescare ed alimentare questa situazione.
Sono certa che piano piano le cose si sistemeranno ma, nel frattempo, mi sono dovuta chiedere: “e adesso cosa faccio?“
Perché, se è vero che prima di vedere mio figlio morire di fame dovranno sciogliersi tutti i ghiacciai del Polo Nord, è anche vero che non è così semplice dire “se non mangi questo ti arrangi e vai a letto digiuno” e trasformarlo poi da minaccia a fatto concreto.
Sfido qualsiasi mamma a non sentirsi mostruosamente inadeguata e colpevole di fronte ad un piatto intonso e lo spettro di un minuscolo stomaco che, in assenza di alternative, andrebbe a letto vuoto e gorgogliante.
E allora mi sono dovuta adeguare alle circostanze ed assecondare questa fase di rifiuto con tanta frutta e con dei prodotti che fossero perlomeno gustosi e nutrizionalmente equilibrati.
Fra le tante proposte del supermercato per quanto riguarda le merende bambino mi sono focalizzata sui prodotti da banco anziché su quelli da frigorifero anche in considerazione del freddo polare che bussa alla porta, oltre che alla maggiore lunghezza di conservazione dei primi rispetto ai secondi.
Ovviamente mi auguro con tutto il cuore che questa simpaticissima e divertentissima fase di sbriciolamento della pazienza dei genitori passi con la stessa velocità con cui si è manifestata e che le merendine ed i dessert diventino, appunto, delle ottime merende da gustare a metà pomeriggio.
Nel frattempo, però, piuttosto che sentirmi un mostro per aver messo a letto un bambino digiuno, preferisco offrirgli della frutta fresca di stagione (grazie al cielo almeno quella se la mangia a qualsiasi ora) e una gustosa merenda.
Rimango in fiduciosa attesa di riavere a tavola con me il piccolo facocero dei vecchi tempi, quello che si sgranocchiava anche il cucchiaino del passato di verdura al broccolo.
La speranza è l’ultima a morire.