La prima parola di Niccolò è stata “Esh”. Sembrava più un sussurro, un farfugliamento di quelli tipicamente infantili, un ennesimo e nuovo verso di quelli che fanno i bambini nel periodo della lallazione. Poi, però, l’ha ripetuta, e l’ha ripetuta ancora, e ancora, e poi io e marito abbiamo finalmente capito: chiamava il suo adorato Slash.
Ci siamo squagliati d’amore dinnanzi a tanta dolcezza. Nostro figlio chiamava il suo cagnolino, lo cercava, voleva attirare la sua attenzione (come se non la attirasse già abbastanza cacciandogli le dita negli occhi, tirandogli le orecchie o spaccandogli i giochi in piena faccia).
Dopo l’iniziale scioglimento dei ghiacciai del nostro cuore, però, ci siamo un pochino incazzati: piccolo ingrato che non sei altro, ci stai forse prendendo per il culo? Sei serio? Anziché dire mamma o papà (sarebbe meglio mamma, in ogni caso), tu ti avvali per la prima volta dell’uso della parola per attirare l’attenzione di quei 15 chili di bava e peti maleodoranti che ti molesta in continuazione? Io e tuo padre non smetteremo mai di ringraziarti abbastanza per questo incredibile atto d’amore.
Va beh, andrà bene la seconda, vedrai che si ricorderà di menzionare uno di noi due.
E, infatti, la seconda parola è stata “api”. Che non sta per papi nella maniera più assoluta. “Api” sta per apri. Davanti al cancelletto di casa, mentre cercavo le chiavi finite sul fondo della borsa e farfugliavo maledizioni a caso, l’impaziente nano se n’è uscito con questa esortazione che, ormai, è diventata un passepartout: la usa con tutto. API il frigo, API la portiera, API la scatola dei giochi, API il telecomando (perché la usa anche per invitarti ad accendere qualcosa).
Dai, Gianluca, la terza volta sarà quella buona.
E infatti ha detto “pappa”.
Fanculo, ho già capito dove andremo a finire: pappa e papà si somigliano, l’assonanza è pressoché totale, per cui la sottoscritta si prenderà un’altra bella bastonata sui denti.
E infatti ha detto “papà”, con immensa soddisfazione gongolante (sua) e furibondo sconforto (mio).
E, subito dopo, “cacca”. Anche qui attribuisco la cosa all’assonanza: “il papà è una cacca”, tutto torna.
Poi “pipì” e poi “Pippa” (che sta per Peppa Pig, maledetta, che ti caricassero su un camion con destinazione Burger King).
Poi “acie”, alias grazie, e mi va anche bene perché l’educazione viene prima di tutto. Grazie a profusione a tutti per qualsiasi cosa.
Oh, in teoria adesso dovremmo esserci, dovrebbe aver esaurito l’elenco di parole a caso da esibire davanti ai parenti.
Anzi Nic, sai cosa c’è? C’è che mi rassegno, fai quello che ti pare, impara pure a dire “acido desossiribonucleico” prima di “mamma”, mi sforzerò di sopravvivere alla delusione.
E ci avevo davvero messo una pietra sopra, per valutare la veridicità della teoria secondo la quale più ti aspetti una cosa, più quella non arriva. Più stai a guardare la pentola sul fuoco, più l’acqua non bolle.
E, infatti, è così che ho pianto: ero in soggiorno che sistemavo i giochi ed ha detto “MAMMA”.
Un fulmine a ciel sereno, inaspettato, roba che stentavo a crederci.
Ma non l’ha buttato lì come ha buttato lì tutto il resto delle parole a caso.
È esploso in un mamma da Premio Oscar.
Un mamma sonoro, squillante, scandito a meraviglia.
Non posso descrivervi l’emozione perché non me l’aspettavo nemmeno io.
Non credevo che sentirsi chiamare mamma, con quella parola che in realtà ci appartiene già dall’esito del test di gravidanza, fosse tanto pazzesco.
È una gioia indescrivibile, è il Big Bang, è l’Italia che vince ai Mondiali, è il “vi dichiaro marito e moglie”, è il cuore che per la prima volta batte sul monitor dell’ecografo, è mangiare una fetta di anguria ghiacciata quando fuori fa caldo, è vedere il tramonto, l’alba, il mare, i ghiacciai, il Grand Canyon e il Triangolo delle Bermuda.
È una gioia così grande da non poter essere paragonata nemmeno all’Universo intero.
È amore, condensato in una parola capace di regalare emozioni uniche.
Cuore di mamma.
[Mio piccolo nano, se hai preso da tua madre sei spacciato.
Parlerai fino a nauseare le persone, le sfinirai con i tuoi racconti senza fine, scioglierai gelati tra le mani e raffredderai piatti di pasta.
Ma tanto, per me, tu resterai sempre colui che mi ha chiamata mamma per la prima volta].