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Discipline olimpiche balneari per genitori

Sono al mare da sei giorni in compagnia di marito, Baby Nic (ormai non più tanto Baby), fratello e cognata.

 E Slash?

 Tranquilli, non l’abbiamo legato ad un guardrail dell’A1: abbiamo mandato in vacanza pure lui. Precisamente dalla mia vicina di casa, in un luogo ameno immerso nel verde, circondato dall’amore che solo chi ha tragicamente perso i suoi due adorati trovatelli nel giro di pochi mesi sa donare. Insomma, sono serena sapendolo in ottime mani.

Conoscendo la mia vicina e il suo sconfinato amore per l’universo canino, ho la certezza di tornare a riprendere un cane obeso che si rifiuterà fermamente di salire in auto per tornare a casa da un bambino urlante che lo sevizia a suon di martellate in testa nel tentativo di cavalcarlo (già, avevo dimenticato di raccontarvi che ultimamente il Nic tenta di salire in groppa a Slash a suon di schiocchi di lingua, deve averlo scambiato per un pony dopo un incidente nucleare).

 Comunque, torniamo a noi.

 Siamo al mare e ce la stiamo spassando.

 L’Isola del Giglio è meravigliosa, esattamente come ce la ricordavamo (ci siamo stati due anni fa quando il Nic soggiornava nella mia pancia e si chiamava ancora Beatrice, prima del cambio di sesso) ed esattamente come la ricordavo io, perchè nulla è cambiato dai miei soggiorni di quand’ero bambina.

 Stiamo conducendo una vita selvaggia, priva di orari e spensierata: le scarpe sono ancora impacchettate nei borsoni, viviamo in ciabatte, indossiamo quattro stracci giusto per fare i trenta metri che ci dividono dalla spiaggia, i miei trucchi soggiornano in pianta stabile nel mobiletto del bagno, il Nic scorrazza nudo. Entriamo in casa solo per dormire e fare la cacca e trascorriamo la giornata tra spiaggia e veranda, dove il Nic non si fa scrupoli a spisciazzare in giro senza ritegno.

 Ci sentiamo molto “Laguna Blu” versione moderna.

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Bene, allora, dicevo.

Questa è la nostra prima e vera vacanza da genitori di un bambino capace di intendere e volere.

La scorsa estate non conta, sarebbe meschino mettere nel curriculum genitoriale una vacanza fatta con un poppante di cinque mesi e mezzo che non è neanche capace di tenere la schiena dritta, un vegetale sdentato e sorridente che il massimo sforzo che richiede è quello di cambiargli il pannolino, nutrirlo e farlo dormire. Sarebbe da furbacchioni.

Questa vacanza è la prova del nove.

Questa vacanza è una sorta di decathlon olimpico balneare per genitori, tra le cui discipline possiamo vantare: corsa, maratona, salto ad ostacoli, immersioni, arrampicata, lancio del peso, salto in lungo, tuffi, apnea, nuoto.

Nulla di esagerato, parliamoci chiaro, ho sempre dichiarato apertamente di aver avuto un culo pazzesco mettendo al mondo un figlio in pace con l’universo, però anche lui ormai comincia a ragionare un po’ a cazzi suoi.

La giornata tipo è: sveglia alle 7.00 (7.30 quando hai culo e la sera prima tuo figlio ha fatto bisboccia fino a tardi), colazione e spiaggia.

Andare in spiaggia è meno traumatico di quanto pensassi.

A parte che siamo a due minuti dal mare, dunque andiamo a piedi e il passeggino resta a casa, e già ci leviamo dalle palle un grosso impiccio. I giochi li ficchiamo nella rete del passeggino, trasformata per l’occasione nella versione mignon delle classiche reti per giochi da spiaggia che solitamente misurano 180×315 ed occupano lo spazio volumetrico di mia zia in sedia a rotelle. Il mio personalissimo borsone da spiaggia è la mia immancabile Mami dalle dimensioni assai contenute e contenente due teli, le creme solari, l’acqua, il cellulare, la GoPro, gli occhiali da sole e i cappelli. Fine del carico. Il salvagente e la piscina, rigorosamente gonfi, sono a carico dello zio Paolo che, vista l’altezza, si presterebbe tranquillamente a trasportare anche una canoa biposto legata sulla schiena in stile Tartarughe Ninja. Viaggiamo comodi, dunque.

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Se posso darvi un consiglio, la piscina è una salvezza e, almeno nel mio caso (poi non garantisco per voi), si è rivelata come i 3,99 euro meglio spesi della vacanza. Ci ficco dentro il Nic con la certezza di essermelo levato dalle palle per una buona oretta nella quale godermi il sole e le sue piacevoli conseguenze.

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Altro vantaggio: qui non c’è la sabbia come quella che conoscete voi, che andate a Formentera così come a Rimini o a Jesolo o a San Vito lo Capo. Qui c’è sì la sabbia, ma quella che somiglia alla granella di nocciola del Cornetto Algida. Risultato: non si incolla addosso e non ve la ritrovate anche nei capelli o nelle mutande la sera quando andate a dormire dopo esservi fatti tre docce. Vi spalmate la crema solare senza farvi lo scrub, insomma. Perfetta per me, che odio la sabbia e credo di non essermici mai seduta sopra.

Comunque, passata l’ora di pace offertaci dall’intrattenimento autonomo con la piscina, il Nic comincia a fare di tutto: corre come fosse posseduto per tutta la spiaggia rincorso a stento da me o marito che, lanciati a folle velocità, lo raccattiamo al volo prima che finisca di faccia sulla pizza del tizio al terzo ombrellone della seconda fila facendo, nell’ordine, corsa a rotta di collo da medaglia di bronzo, salto ad ostacoli dei lettini e dei borsoni da spiaggia ad un livello degno di un meritatissimo argento, salto in lungo da medaglia d’oro e nuovo record mondiale scavalcando ben tre lettini e un materassino gonfiabile in contemporanea al solo scopo di fermare la folle corsa del Nic.

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Diversa disciplina è invece quella della maratona, quaranta chilometri circa, percorsi su e giù per la passerella finché il Nic non decide che è ora di cambiare attività e dedicarsi al furto.

Si dirige verso il capanno dei giochi (quello, per intenderci, dove chiunque lascia tutto ciò che ingombra, principalmente materassini e giochi, per non scarrozzarseli avanti e indietro dalla spiaggia a casa e viceversa) e comincia a frugare alla ricerca di una palla, una paletta, un secchiello, un camioncino, ovvero tutta roba che possiede già ma che alletta maggiormente se sgraffignata ad altri ignari bambini. Prende tra le mani di tutto, gli dici che “no, amore, non è tuo” e lui, risoluto, ti guarda e ti risponde “no, è miooo” prima di iniziare a tirare e urlare. E allora ecco che parte il lancio del peso: gli levo dalle mani l’oggetto del furto e lo lancio in fondo al capanno, il più lontano possibile dalle sue grinfie, finché non si stufa anche di questa divertentissima attività e allora ci spostiamo a fare il bagno.

Immersioni, tuffi, apnea e nuoto: immersioni involontarie causate dallo stordimento delle pedate in faccia che ci assesta il Nic per l’euforia del bagno in mare, tuffi carpiati con doppio avvitamento e facciata sul fondo solo per strappargli una risata e distrarlo dal freddo dell’acqua, apnea per riuscire a scattargli una foto subacquea con la GoPro che spacca di brutto e infine nuoto, chilometri a nuoto, trascinando il ciambellone arancione che tiene a galla il nostro amato figliuolo.

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Usciamo dall’acqua e un bambino esclama “guarda, papà, una medusa!”, allora torniamo indietro e ci rimettiamo a posto il polmone che avevamo perso a riva.

Ieri, mentre arrancavo sul bagnasciuga con il Nic su un braccio e il ciambellone sull’altro, mi sono imbattuta in due ragazzini che giocavano a palla e il più grande ha esclamato, rivolto al fratellino più piccolo, “aspetta, lascia passare quella signora!”. Volevo scavare una buca e seppellirmici dentro. Giuro.

Comunque devo dire che, nonostante tutto, mi sto abbronzando di brutto: passo più tempo al sole a rincorrere il Nic che sdraiata sul lettino a cazzeggiare leggendo Novella 2000 (Giammai! Non ho mai letto un giornale di gossip e mai lo leggerò!).

E sto anche leggendo un casino, perché una nota positiva in tutto questo sfinimento c’è, ed io me la godo approfittandone alla grande: il pisolino pomeridiano del Nic è passato da venti minuti più un’ora per ripigliarsi e tornare simpatico a due ore con risveglio caricato a pallettoni.

Due ore tutte per me. Per leggere, cazzeggiare, e fare alcune riflessioni profonde sull’universo.

Tipo che ho scoperto che la gente che arriva la mattina in spiaggia e storce il naso vedendo un bambino cacacazzo come vicino d’ombrellone è la stessa che poi urla al telefono chiedendo alla zia come vanno le emorroidi e se la crema per le vene varicose funziona bene ed è anche la stessa che molla delle chilometriche e sonore scoregge mentre si appisola all’ombra russando a trecento decibel e provocandoti seri danni al sistema uditivo.

E ho anche scoperto che se un bambino fa inconsapevolmente pipì nella sabbia mentre lo stai asciugando prima di rimettergli il pannolino, ad inorridire per prime sono sempre le gentili signore che in spiaggia si portano gli adorati chihuahua, le cui cacate vengono raccolte con adorazione e buttate nella pattumiera accanto ai pannolini del vostro adorabile bambino.

Poi mi sono accorta che la gente si infastidisce se si trova costretta a posare i piedi callosi nella sabbia per schivare il vostro bambino che corre sulla passerella.

E poi, ma magari mi sbaglio e ho le allucinazioni dovute al sole, ho notato che se tiro fuori una sigaretta e me la fumo approfittando del rapimento del Nic da parte di mio fratello o di mia cognata o di mio marito, a fare la faccia sbigottita sono le mamme, (sempre e solo loro) e principalmente quelle che mentre ti guardano disgustate paragonandoti mentalmente allo sbavante cane Cerbero a tre teste, imbottiscono i figli prossimi all’obesità con porzioni di focaccia alle cipolle con cui nel Lesotho si sfamerebbe un intero villaggio per cinque giorni.

Insomma, anche qui sto avendo il mio bel daffare destreggiandomi tra olimpiadi balneari e olimpirladi umane, ma devo dire che sto trascorrendo una vacanza meravigliosa.

È vero, con i figli le vacanze non saranno più quelle di una volta.

Dimenticatevi le ustioni da “mi sono addormentata in spiaggia perché non avevo un cazzo da fare e mi annoiavo”, ma levatevi dalla testa anche i racconti terroristici di chi vi racconta che “sono tornata dal mare più stanca di quando sono partita, andare al mare con i figli è stancante da morire”.

Esiste una via di mezzo, credetemi.

Le vacanze con i figli sono un’esperienza meravigliosa.

Saranno un pochino più faticose, ovvio, ma molto, molto, molto più appaganti.

[E se ve lo dico io, che ho trovato il tempo di scrivere questo poema omerico standomene con la chiappe al sole, potete crederci].

Buone vacanze, carissime!

E viva la cellulite!

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Categorie: Vita da mamma
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