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A ciascuno il suo… lavoro

Credo che ognuno di noi sia più portato per qualcosa piuttosto che per altro.

C’è chi ha la passione per l’arte, chi per la lettura, la scrittura ed affini, chi per la tecnologia e così via.

Iscritta ad economia più per noia che per motivazioni concrete, mi sono resa conto dopo metà del primo anno che non era la mia strada. Non faceva per me. Ho sempre odiato la matematica, cosa cavolo mi è passato per il cervello?!

Sono passata ad altro, frequentando lo IED con piacevole soddisfazione. Disegnavo, costruivo modellini in scala, progettavo, studiavo rudimenti di arte. Decisamente meglio.

Considerando che al liceo avevo 10 in arte e 5 in matematica, tutto sommato alla fine ci sono arrivata a trovare la mia direzione.

Io credo di avere un lavoro abbastanza equilibrato e dinamico, che mi porta ad arrivare a casa la sera soddisfatta o, alla fine di una giornata di merda, perlomeno stanca ma serena.

Sono a contatto con i clienti, con i fornitori, e mi piace. Gestisco i campionari, per cui in alcuni casi interviene anche il lato creativo. Gestisco le vendite di alcuni prodotti, pertanto sono sempre a contatto con le materie prime, con i colori, con i materiali e le loro specifiche tecniche. Spesso, ho carta bianca. Alla fin fine, nonostante alcune piccole divergenze con chi dirige il lavoro o alcune rotture di balle da cui nessun lavoro è esente, mi trovo bene. Non so se sarà il lavoro di una vita o se tra qualche anno avrò voglia di guardarmi intorno, ma per il momento sto bene dove sto. E, cosa che non nuoce quando hai un bimbo piccolo, sono vicina a casa ed i nonni si trovano sul tragitto casa-lavoro.

Questa piccola premessa per dire che nella vita si fa sempre in tempo a cambiare rotta se ci si rende conto che la strada intrapresa, forse, è quella sbagliata.

Mi rendo conto perfettamente che l’aspetto economico sia parte fondamentale e che, al giorno d’oggi, trovare lavoro sia un’utopia. Figurarsi un lavoro che ci piaccia pure. Ma proprio non riesco a capire chi si ostina a fare un lavoro che odia, che lo rende insoddisfatto ed ostile al mondo che lo circonda.

Nella norma, il lavoro occupa 8 ore sulle 24 totali di una giornata. Un terzo. Il terzo, però, più importante. Perché si esce la mattina e, generalmente, si rientra nel tardo pomeriggio o, a volte, anche la sera.

Fare un lavoro di merda significa rovinarsi la vita e, talvolta, rovinare anche quella degli altri.

In questi giorni non si parla d’altro che delle maestre riprese dalle telecamere mentre maltrattavano, strattonavano, picchiavano e sgridavano degli indifesi bambini.

Ecco.

Per fare la maestra d’asilo, devi avere un titolo di studio. Devi aver fatto dei corsi e, a seconda del livello della struttura, magari, essere laureata. Insomma, devi intraprendere uno specifico percorso, mirato, per poter essere poi a contatto con i bambini. Per cui non è un lavoro che cerchi se ti rompi le balle di fare l’impiegata. È un lavoro che devi voler fare.

Devi voler lavorare con i bambini, devi amare i bambini, con i loro pregi ed i loro inconsapevoli difetti.

Per cui, sporca merda disumana che ti macchi di una delle azioni più ignobili esistenti sulla faccia della terra, mi spieghi per quale razza di motivo hai DECISO di diventare maestra d’asilo?!

Perché non è come essere a casa, non trovare lavoro e mandare curriculum a caso ad Esselunga e Oviesse pur di essere chiamata da qualcuno.

Tu, per diventare maestra d’asilo, hai intrapreso una strada ben definita. Hai voluto farlo. Hai deciso consapevolmente. Perché ami i bambini. O, almeno, così dovrebbe essere.

Forse non immaginavi che i bambini si facessero la cacca nei pantaloni? Forse non avevi idea che i bambini sporcassero quando mangiano? Forse non immaginavi che i bambini facessero i capricci per fare la nanna?

E magari, a casa, hai pure uno o più figli che ti aspettano.

Io davvero non riesco a capacitarmi della cattiveria che si cela in certe persone. Le vedi al supermercato e pensi, come la vicina di casa quando le chiedono come fosse il vicino che ha stuprato ed ucciso l’anziana al mercato, “che brava persona, viene sempre a fare la spesa al Naturasì perché ci tiene al biologico”.

Muori!

Tu, da quello che ho visto nei video, andresti bene per lavorare in miniera e sfogare la tua rabbia e la tua frustrazione sui blocchi di marmo di Carrara.

Ma come cavolo si fa?

A me è scappata qualche sberla sul culo al Nic, a seguito di insistenti capricci ed in momenti di particolare stanchezza, per poi sentirmi subito una colossale caccola ingiallita. Ed è mio figlio.

Tu, maledetta feccia, come osi anche solo avvicinarti in malo modo a mio figlio?!

Vuoi sgridarlo se ha fatto una cazzata?! Va benissimo, sono d’accordo, approvo. Anzi, mi darebbe più fastidio se tu fossi accondiscendente e gli lasciassi fare quel cavolo che gli pare facendomelo diventare un viziato rompicoglioni.

Ma non ti avvicinare a mio figlio.

Tu, mio figlio, non lo tocchi nemmeno con l’unghia del mignolo perché, altrimenti, io ti sbriciolo.

Non oso immaginare cosa abbiano provato i genitori di quei bambini, vedendo i video e rendendosi conto che uno dei bimbi malmenati fosse il loro.

Ho addosso una rabbia di quelle incontrollabili.

Da mamma, probabilmente, avrei reagito passando dalla parte del torto in meno di cinque minuti, irrompendo nell’aula e fracassando di botte la faccia di quella maestra, senza fermarmi finché non fosse caduta a terra ed ignorando le sue suppliche, proprio come lei faceva con i bambini che le chiedevano di smetterla perché avevano paura.

Io di maestre ne ho conosciute tante, tutte meravigliose. Ed esigo che non si faccia di tutta l’erba un fascio.

Ma è orribile arrivare al punto di non volersi fidare delle persone a cui affidiamo i nostri bimbi mentre siamo al lavoro.

Questa storia deve finire.

Se non ti piacciono i bambini, non fare la maestra d’asilo.

Se odi gli animali, non fare il veterinario.

Se disprezzi chi mangia carne, non fare il macellaio.

Se ami la tua vita, per l’amor del cielo, fai un lavoro che ti gratifichi. E che non leda gli altri.

Soprattutto i bambini.

Amen.

Categorie: Diario
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